venerdì , 29 Marzo 2024
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Sir Alex Ferguson nella leggenda

Sir Ferguson nella leggenda

Il più longevo, il più vincente, il più autorevole. Con il campionato vinto sabato, il manager del Manchester Utd ha ribaltato le storiche gerarchie del calcio inglese. Ritratto di un mito. La politica, la famiglia, il denaro. I conflitti con Beckham, la panchina dell’Olimpiade, l’amicizia con Mou. E il 28 assalto finale al Barcellona per la Champions

 dal corrispondente ENRICO FRANCESCHINILONDRA – Basterebbero le cifre. Età: 69 anni (70 il prossimo dicembre). Stagioni sulla panchina del Manchester United: 25. Campionati vinti con i Red Devils: 12, incluso l’ultimo, conquistato sabato con una giornata d’anticipo sulla fine del torneo, e che ha portato a 19 il totale dei titoli del suo club, più di ogni altro in Inghilterra, superando i 18 del Liverpool. Trofei vinti con lo United fra campionati, coppe in patria e all’estero: 36, che potrebbero diventare 37 se ci aggiungesse la Champions del 28 maggio a Wembley, finale contro il Barcellona (e sarebbe la terza della sua carriera).

Qualcuno scommette che, in caso di vittoria contro il Barça, quella di Wembley potrebbe essere l’ultima partita di Alex Ferguson come allenatore del Manchester United, per poi fare nell’estate dell’anno prossimo il commissario tecnico della nazionale di calcio della Gran Bretagna alle Olimpiadi di Londra. Ma già così “sir Alex”, come lo chiamano con referenza (fu insignito baronetto dalla regina Elisabetta nel 1999 dopo aver vinto la “tripla” – campionato, coppa d’Inghilterra e Champions League – nello stesso anno) è entrato nella storia. Pochi hanno allenato la stessa squadra tanto a lungo come lui. Nessuno ha vinto al massimo livello quanto lui, ricostruendo per tre volte un team imbattibile, guidando tre generazioni di campioni, da Cantona a Beckham a Rooney. Un mito del football mondiale. Ascoltiamolo.

LE RADICI. “Sono cresciuto in un quartiere della classe operaia di Glasgow e sono sempre stato molto consapevole dell’importanza del senso di comunità, famiglie e vicini di casa che si sostenevano uno con l’altro. Mio padre era di sinistra e lo era anche la maggior parte della gente del quartiere. Da giovane ho cominciato a credere nel partito laburista come il partito della classe lavoratrice e continuo a crederci. Per tutta la vita ho considerato il Labour come il partito che difende i più deboli, mentre i conservatori difendono i previlegiati”.
LA RICCHEZZA. “Ho guadagnato un sacco di soldi con il mio mestiere. Ma ho sempre lavorato duramente, pagato le tasse e dato aiuti alle cause giuste. In ogni caso i miei migliori amici sono quelli di una volta, dei tempi di Glasgow, sono sempre rimasto legato a loro e sempre lo sarò”.

L’AMICIZIA. “Per me il vero amico è quello che viene a trovarti e a sentire di che cosa hai bisogno quando tutti gli altri se ne vanno e ti girano le spalle”.
LA SCOZIA. “Sono scozzese e orgoglioso di esserlo. Ma non mi aspettavo che il partito nazionalista vincesse le elezioni regionali. Sono convinto che la cosa migliore per la Scozia sia restare parte del Regno Unito. Mi auguro che se ci sarà un referendum, gli indipendentisti siano sconfitti”.
LA MAMMA. “Uno dei miei compiti principali come allenatore è fare in modo che i ragazzi (“the boys”, è così che chiama abitualmente i giocatori, ndr.) restino con i piedi per terra. Cerco di fargli entrare bene in testa che è stata l’etica del duro lavoro e del sacrificio a farli arrivare al Manchester United e che non devono mai perderla. Gli ripeto sempre che, quando vanno a casa dalla loro madre, lei deve poter vedere la stessa persona che mi ha mandato. Perché se la fama e il denaro ti cambiano, tua madre sarebbe delusa e io pure”.
LA LEADERSHIP. “Servono tre cose per la leadership: avere il controllo della situazione, sapere amministrare i cambiamenti e osservare. Quest’ultima è forse la cosa più importante perché devi essere in grado di individuare per tempo i pericoli e le opportunità attorno a te. È una dote che si acquista con il tempo, con l’esperienza”.

IL CORAGGIO. “Come nella vita, anche nel calcio il coraggio ha molte forme. Alcuni pensano che il coraggio più grande sia quello di conquistare la palla. Ma c’è un altro tipo di coraggio, un coraggio morale direi, che è quello di tenere la palla, di continuare a tenerla nonostante tutti i calci e le botte che ricevi per strappartela. È un coraggio che distingue tutti i grandi giocatori. George Best ce l’aveva, Bobby Charlton ce l’aveva, Eric Cantona l’aveva, Cristiano Ronaldo e Rooney ce l’hanno. Sopporterò i calci. Rischierò l’infortunio. Ma terrò la palla”.
I MIGLIORI. “I giocatori migliori che ho visto sono stati Pelè, Di Stefano, Maradona e Cruyff, in quest’ordine”.
IL RAMMARICO. “Paul Gascoigne è il giocatore che più mi dispiace di non avere portato a Manchester. Era un calciatore incredibile, probabilmente il miglior giovane uscito dall’Inghilterra negli ultimi trent’anni. E un altro rammarico è Paolo Di Canio. Da noi sarebbe diventato un grande. È stato un buon calciatore, ma da noi avrebbe potuto esprimersi al livello di Best, Cantona, Rooney. Siamo bravi a fabbricare campioni, in questo club”.
BECKHAM. “David non è mai stato un problema, fino a quando si è sposato. Andava ad allenarsi anche di notte, era un ragazzo serissimo. Sposarsi con qualcuno del mondo dello show business lo ha cambiato, la sua vita non è stata più la stessa. È diventato una tale celebrità che il calcio è solo una piccola parte di lui. Ora la parte più grande è la fama”.

IL BULLO. “L’accusa di bullismo nei miei confronti è assolutamente falsa. Ho guardato sul dizionario e bullo è qualcuno che minaccia o colpisce i più deboli. Ebbene, tutti quelli con cui ho avuto un confronto, un conflitto, nello spogliatoio o altrove, erano in linea di principio più forti di me”.
IL RECORD. “È vero, quando arrivai a Manchester dissi che il nostro obiettivo era superare il record del Liverpool come squadra più titolata d’Inghilterra, ma in verità all’inizio non lo credevo possibile. Poi vincemmo il mio primo campionato con lo United, nel ’93, dopo 26 anni di attesa, e da quel momento abbiamo continuato a migliorarci. C’è voluto del tempo per mettere in ordine le fondamenta del club. Gli avversari degli ultimi 17-18 anni sono stati, invece del Liverpool, il Chelsea e l’Arsenal. Ma alla fine l’obiettivo è stato raggiunto ed è una sensazione fantastica essere la squadra che ha vinto più campionati nella storia inglese”.
MOURINHO. “José mi ha chiamato dopo le semifinali di Champions e mi ha dato qualche consiglio su come affrontare il Barcellona in finale. Real e United sono due club diversi, ma è stato utile sentire il suo parere. Ci sentiamo spesso, abbiamo un buon rapporto”.

L’EREDE. “Il Manchester United è come una famiglia, e so che vorranno che io ne resti a far parte, dopo che avrò lasciato la panchina, con un ruolo di ambasciatore o qualcosa del genere. Se chiederanno il mio parere sul mio successore, lo darò, ma poi non farò quello che cerca di allenare da dietro le quinte. La squadra sarà di un altro e basta”.

Fonte Repubblica.it


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